lunedì 20 febbraio 2017

ROTTAMARE PER ARRETRARE

Ritorna la rubrica "Il Lampadiere", con una riflessione di estrema attualità

Una delle ragioni del successo di Renzi per l’aggregazione attorno a sé di tanta parte dei personaggi che, in precedenza, occupavano posizioni di secondo e terzo livello nel PD, sta in due fattori che si integrano. Il primo è la semplificazione. La massima semplificazione dei concetti e del linguaggio fino alla banalità. In altre parole: avere fatto credere che la complessità della politica non è un dato oggettivo; ossia dovuto alla complessità della realtà; ma alla forma mentis delle precedenti classi dirigenti del PD (e del paese). Eliminate loro, la semplificazione era cosa fatta. Ecco perché la rottamazione. La rottamazione era anche il modo per fare spazio alle nuove componenti emarginando le precedenti con la motivazione della loro incapacità. Sembra però che la nuova élite si sia resa sempre più conto (a parte alcuni più presuntuosi degli altri) che le cose sono più difficili di quanto presunto e quindi sono costretti sempre più a nascondere la loro scarsa preparazione dietro il leader e la sua logorrea oltre a cercare, all’esterno del loro entourage, le cause delle difficoltà e degli scarsi successi. Del resto è noto che la colpa è sempre degli altri. Rottamare Bersani per poi farsi sostenere da Alfano e Verdini (dopo averci provato con Berlusconi; vedi patto del Nazzareno) non è il massimo della coerenza, ne’ della politica di sinistra. Anche i risultati non sono stati esaltanti. Il voto del 4 dicembre (referendum) ha messo in crisi il progetto. Vedremo gli sviluppi.

lunedì 6 febbraio 2017

EURO SI, EURO NO

Nuova pubblicazione della rubrica "Il Lampadiere", questa volta dedicata al dibattuto tema dell'Euro.

Ritorna con insistenza, nel dibattito politico, la questione sulla opportunità della nostra appartenenza alla euro zona. Ad insistere, nel senso dell’uscita, sono specialmente Salvini e ultimamente e con più chiarezza di prima, i 5 stelle (in particolare Di Battista mercoledì 7 dicembre).
Il modo e i termini con i quali è posta la questione è una ennesima dimostrazione della scarsa o nulla capacità di molta parte della attuale classe politica a comprendere la vera essenza dei problemi della nostra economia e dei percorsi possibili per un suo effettivo sviluppo. Proviamo a spiegarci.
Rispetto diciotto/venti anni fa -cioè dall’entrata in vigore dell’Euro- sono cambiate e di molto, alcune situazioni a livello mondiale, tali da incidere fortemente e in senso negativo sulle scelte che testardamente il nostro sistema economico occidentale continua a perseguire. Tali cambiamenti si aggiungono ai fattori determinati, rispetto la nostra economia, dall’entrata nell’Euro. In questa fase storica è successo e succede che un numero importante di paesi, in condizioni di sotto sviluppo o post coloniali, siano alla ricerca delle condizioni per attuare un vero e solido decollo economico.
Una parte di essi ha bisogno di materie prime, un’altra parte di prodotti energetici, altri ancora di prodotti alimentari, quasi sempre la necessità, per ognuno di essi, riguarda più di uno se non tutti gli elementi elencati. Tutti hanno, inoltre, esigenza di tecnologia e di know-how.
Tutti questi paesi sono in sostanza nella situazione in cui l’Italia si trovava dal dopo guerra fino al 2000; appunto fino all’entrata nell’Euro. Salvo che per la tecnologia, in parte e per talune componenti di know-how di cui l’Italia disponeva.
La necessità per questi paesi: esportare per acquisire valuta per importare il necessario. E’ contro questo muro di interessi che si scontrerebbe la politica economica italiana se oggi si uscisse dall’Euro.
Se prima dell’entrata nell’Euro noi potevamo trarre vantaggi concorrenziali da bassi salari, rispetto altri paesi industrializzati destinatari delle nostre esportazioni, ciò non ci è più possibile oggi in quanto non siamo più in grado di garantire la nostra capacità concorrenziale facendo leva appunto sui bassi costi del lavoro. Il lavoro di tanti altri, ossia dei paesi emergenti, costa meno e spesso molto meno. Del resto oltre venti anni di perdita di potere d’acquisto dei salari dei nostri lavoratori non ha aumentato di un enne la nostra concorrenzialità.
Abbiamo usato abbondantemente la svalutazione della Lira per competere nell’export, oggi ciò non è più possibile. A parte poi i risultati negativi, per l’insieme dell’economia non votata all’esportazione (il 70% circa dell’economia italiana), che tale politica ha determinato per anni; ogni svalutazione diminuisce automaticamente il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni; ossia la domanda interna di beni e servizi. Così è stato per il nostro Paese; così è in generale.
Inoltre i paesi nostri eventuali concorrenti non hanno quasi mai una base industriale loro, semmai insediamenti di paesi industrializzati finalizzati a sfruttarne i bassi costi del lavoro. La loro concorrenza sarà quindi sul costo del lavoro e sui prezzi di taluni prodotti di base là dove di questi disponessero. Ma anche se puntassimo ad acquisire (importare) e ad utilizzare questi loro prodotti a fini di interscambio con questi paesi, saremmo di fatto svantaggiati rispetto la maggiore potenza finanziaria delle multinazionali e delle imprese, più strutturate, degli altri paesi industrializzati. Ultimamente anche il made in Italy e diversi prodotti di élite, tipici della gamma delle nostre esportazioni, sembrano avere non pochi problemi a fronte dell’andamento dell’economia mondiale.
Allora cosa fare?
Ultimamente sembra ci sia qualche folgorato sulla strada di Damasco.
Ovvero da parte di qualcuno si comincia a comprendere, ma sono ancora voci flebili e indecise, che c’è una strada sola percorribile per noi: lo sviluppo del mercato interno attraverso il deciso potenziamento della domanda interna.
Questo però non può essere conseguito con provvedimenti tampone, con scelte contingenti; servono scelte effettivamente strutturali e non pseudo riforme che di strutturale hanno solo l’aggettivo che viene loro affibbiato da quella congrega di economisti da bar sport che da ormai troppo tempo si trovano a dirigere la nostra economia.
La scelta più urgente è quella di rilanciare, a tempi brevi, la domanda interna; ma non una domanda indefinita. Una domanda i cui effetti siano a tempi rapidi o rapidissimi; cioè non avente effetto solo a distanza di anni. Una domanda di beni di consumo e di tecnologia per taluni investimenti; di infrastrutture strategiche e di progetti organici per l’ambiente. E’ la domanda delle famiglie, delle PMI, degli Enti locali che deve avere la precedenza assoluta nell’uso delle risorse. Delle risorse disponibili e di quelle accumulabili con una più appropriata politica di lotta alla evasione e alla elusione fiscale.
Dobbiamo inoltre avere presente che taluni termini usati e abusati nel linguaggio corrente, specie ultimamente, se non declinati in senso giusto, saranno sempre e solo parole vuote. Innovazione, crescita, investimenti, competitività, se non debitamente esplicitati e riempiti di contenuti programmatici sono solo parole vuote, specchietti per le allodole. E mi sembra che l’aria che tira in Italia (vedasi il risultato del referendum) e in altre parti del mondo, dimostri che ormai di allodole in giro ce ne sono sempre meno e che i cittadini stanno prendendo coscienza che occorre cambiare radicalmente lo stato delle cose. In che direzione dipenderà dalla capacità delle forze progressiste a tracciare una giusta rotta, ma in stretto rapporto con i cittadini stessi e le loro forme di aggregazione sociale. In Italia ciò significa innanzi tutto piena applicazione della Costituzione.

domenica 29 gennaio 2017

NUOVA RUBRICA: "IL LAMPADIERE"

In questa notte scura,
qualcuno di noi, nel suo piccolo,
è come quei “lampadieri” che,
camminando innanzi,
tengono la pertica rivolta all’indietro,
appoggiata sulla spalla,
con il lume in cima.
Così,il “lampadiere” vede poco davanti a sé,
ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.
Qualcuno ci prova.
Non per eroismo o narcisismo,
ma per sentirsi dalla parte buona della vita.
Per quello che si è.
Credi.

TOM BENETOLLO (febbraio 1951 – 20 giugno 2004)

Da oggi il nostro blog si arricchirà di una nuova rubrica chiamata “Il Lampadiere” all’interno della quale saranno ospitate di tanto in tanto riflessioni ed approfondimenti su temi locali e non a cura di Gabriele Sarti. Su ciascun tema troverete non la posizione “ufficiale” della nostra formazione politica quanto piuttosto la libera espressione, gli stimoli alla discussione, le idee e le possibili soluzioni, pensate da uno di noi. Stimoli che proponiamo a tutti coloro che con piccole o grandi azioni si impegnano per un presente ed un futuro migliori.

Il Jobs Act e le prospettive del paese

La discussione sul Jobs Act essendosi concentrata sull’art 18, (il che era forse voluto da diversi ambienti) ha lasciato in ombra il vero fattore negativo connesso ai provvedimenti in discussione. Questa legge sul lavoro è un ulteriore passo nella direzione dello smantellamento dell’istituto del Contratto nazionale di lavoro. Come giustamente ha osservato Luciano Gallino il ruolo dei contratti nazionali è quello di determinare una equa suddivisione del reddito complessivo (PIL) fra lavoro, profitto e rendite. E questa è una funzione decisiva, strategica al fine di garantire equità sociale e sviluppo economico. Si propone da diverse parti una sorta di salario minimo nazionale; ebbene questo del C.N.L di fatto, un salario minimo nazionale. La contrattazione aziendale che avrebbe dovuto servire a determinare la sud-divisione delle quote di reddito superiori ai livelli di produttività media, dovrebbe invece, secondo l’impostazione che sta portando avanti Confindustria debita-mente appoggiata anche da diversi personaggi di centro destra e di centro sinistra, diventare la componente fondamentale dei rapporti contrattuali. Questa impostazione era già emersa dagli accordi interconfederali del giugno 2011 e novembre 2012 non firmati dalla CGIL. Nel momento in cui da diverse parti si parla di salario minimo garantito, quanto sta accadendo è chiaramente in controtendenza e dimostra, per l’ennesima volta, che in materia di economia si sta procedendo a tentoni. Il CNL era di fatto una sorta di salario minimo garantito seppur articolato per settori. Il puntare tutto sui contratti aziendali significherà indebolire notevolmente il potere contrattuale complessivo dei lavoratori; la totale perdita di tale potere in quelle aziende, e sono tante, dove non è presente il sindacato o dove la Cisl, essendo in posizione maggioritaria o esclusiva, dimostratasi come nelle sue tradizioni particolarmente sensibile alle esigenze dei datori di lavoro, sarà disposta a contratti al ribasso pur di mantenere un rapporto privilegiato con i padroni. Di fatto un interclassismo di ritorno. Non si può certo definire questa una politica di sinistra. Ma è una politica che non aiuta nemmeno quella imprenditoria che vorrebbe seriamente uno sviluppo della economia ed un aumento della produttività aziendale. Infatti non incentiverà assolutamente l’impegno dei lavoratori. Le norme in discussione ci riportano indietro nel tempo; alle gabbie salariali di molti decenni fa e determineranno una ulteriore spaccatura nelle situazioni dei diversi settori e fra le aree geografiche. Il sud sarà ancora penalizzato. Si deter-minerà anche e sicuramente un forte indebolimento della solidarietà fra i lavoratori; quella solidarietà che era garantita appunto dai contratti nazionali nei quali il peso delle aree forti, della presenza e del potere contrattuale dei lavoratori sindacalizzati garantiva un risultato complessivo a favore delle aree e delle categorie meno forti. Che gli economisti che consigliavano il premier non capissero queste eventualità o che non le volessero capire non mi sorprende. Mi sorprende invece che una simile impostazione trovi una sponda da un ministro (Poletti) che non solo viene dal movimento cooperativo, che dovrebbe essere guidato da una logica diversa da quella del padrone privato, ma che è stato anche segretario della federazione del DS a Imola. Forse il potere logora davvero. Che si possa uscire dalle secche della crisi con quanto si sta prefigurando è molto discutibile. Che con una simile politica del lavoro si rilanci l’economia e si stabilizzi la situazione sociale è altrettanto problematico. Che la CGIL da sola ce la faccia a parare il colpo è improbabile se non ci sarà sia un ripensamento da parte degli altri sindacati, sia una inversione di marcia da parte della sinistra. Che la sinistra di governo rinsavisca finalmente; che quella all’opposizione smetta ogni forma di populismo e di agitazione vuota di prospettive e si metta finalmente a studiare delle politiche effettivamente alternative e capaci di coagulare un forte consenso unitario.

Gabriele Sarti

lunedì 23 gennaio 2017

SALVATAGGIO SELCOM, CI SIAMO !

E' con grande piacere che vi informiamo di quella che da SPERANZA sembra divenire una splendida REALTA' : il salvataggio di SELCOM e del posto di lavoro di centinaia di lavoratori. Come SECM abbiamo sostenuto sin dall'inizio i lavoratori in questa delicata vertenza, ora con grande piacere rilanciamo questa bella notizia diramata con comunicato stampa del Comune di Castel Maggiore

20/1/2016

SELCOM: verso lo sblocco della situazione e il salvataggio dello stabilimento

E’ ormai prossimo il salvataggio dello stabilimento SELCOM che a Castel Maggiore impegna oltre 320 lavoratori: è quanto ha dichiarato il Sindaco Belinda Gottardi all'uscita dalla riunione tenutasi questa mattina a Roma presso l'Unità Unità Gestione Vertenze del Ministero dello Sviluppo Economico.
All'incontro erano presenti l'advisor e i rappresentanti dell'azienda, la Regione Emilia-Romagna, la Città Metropolitana di Bologna e il Sindaco di Castel Maggiore, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali dei metalmeccanici e la RSU aziendale.
Come preannunciato nei precedenti incontri tenutisi al MISE, l’advisor di Selcom ha confermato l’offerta vincolante da parte dell’azienda ROJ, che ha sede a Biella e fa parte del gruppo belga Vandewiele, per l’acquisto dello stabilimento e la conferma di tutte le maestranze. Ora sarà il tribunale di Bologna a definire l’avviso per l’asta che dovrebbe tenersi a fine Marzo. La ROJ, specializzata in sistemi integrati, meccatronica e meccanotessile, ha indicato le garanzie a supporto dell’offerta vincolante.
Tirano dunque un grosso sospiro di sollievo i lavoratori dell’azienda di Castel Maggiore, il Sindaco Gottardi non nasconde la soddisfazione per questo esito: “Le maestranze Selcom sono caratterizzate da un’elevata professionalità, sarebbe stata veramente un disastro la chiusura di uno stabilimento che aveva, ed ha, ancora un’ottima capacità produttiva, è fornitore di un pacchetto di clienti internazionali di alto livello, e nonostante questa fase di crisi finanziaria ha continuato a stare sul mercato arrivando addirittura ad assumere per far fronte alle commesse. E’ una vittoria del lavoro nel senso più autentico del termine, per la quale ringraziamo l’impegno delle istituzioni, dal Ministero alla Regione alla Città Metropolitana, e la ferma tenacia delle organizzazioni sindacali che dal primo minuto di crisi hanno affiancato i lavoratori”.
Anche gli altri stabilimenti del gruppo Selcom stanno uscendo dalle difficoltà: già salvato quello di Belluno con l’acquisizione da parte di un grosso marchio italiano quale De Longhi, anche per lo stabilimento siciliano di Carini è pervenuta la manifestazione di interesse da parte della torinese Kab-lem.

mercoledì 4 gennaio 2017

RIFLESSIONI AD UN MESE DAL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Una analisi anche sommaria del risultato del voto referendario, non può non mettere in evidenza due elementi; a parte la ovvia constatazione della forte vittoria del NO.
1. E’ stata sconfitta l’arroganza, ma anche l’evidente pressapochismo di M. Renzi; e rinviato ad maiora il suo disegno del partito della nazione.

2. Sei milioni di cittadini, che in precedenza avevano disertate le urne, hanno compreso l’importanza della scadenza elettorale e si sono mobilitati per esprimere la loro volontà di contare, di essere ascoltati e non trattati come il parco buoi delle tante public company che popolano le borse titoli. Chiamati a pagare, ma esclusi dal potere di gestione.
Il secondo dei punti citati è indubbiamente quello più importante sul piano politico.
E’ la sconfitta -speriamo non episodica- della antipolitica e del qualunquismo.
Ma c’è un altro aspetto che deve essere sottolineato. L’intolleranza, per usare un eufemismo, di tanti esponenti del SI, verso gli attivisti del NO impegnati nei banchetti e nelle varie attività. Ciò, in particolare, verso gli esponenti dell’ANPI.
In diverse zone della provincia e nella città di Bologna, in troppi casi la contestazione ha assunto forme e carattere molto, troppo, vicini allo squadrismo. E’ un fatto, questo, su cui i dirigenti del PD dovrebbero meditare con attenzione.
Va anche detto che a Castel Maggiore non vi sono stati episodi rilevanti e questo è giusto sottolinearlo. Anche nella nostra città il risultato del voto pone evidenti esigenze di riflessione al PD.
Resta comunque la necessità che ovunque sia superato rapidamente il clima che si era determinato e sia ripreso, possibilmente con molto maggiore senso di misura e di distensione, un percorso di dialogo e di confronto finalizzato ad affrontare e risolvere i molti problemi che ancora assillano il nostro paese; non escluse le aree di migliore condizione socio economica cui anche Castel Maggiore è inseribile.
Ci sono ancora importanti scadenze cui fare fronte nell’immediato e nel futuro prossimo. Innanzitutto una nuova e coerente legge elettorale che dia effettivamente ai cittadini e al paese non solo una guida efficiente, ma anche una condizione di vera rappresentatività e partecipazione. Inoltre, e anche a livello locale, una politica più attenta ed efficace verso il problema della occupazione e dello sviluppo economico con particolare attenzione alla situazione delle piccole e medie aziende che anche nel nostro territorio manifestano non poche difficoltà.
SECM darà il suo costruttivo contributo per un effettivo cambio di passo anche nell’azione amministrativa locale.

mercoledì 28 dicembre 2016

UN NATALE E UN NUOVO ANNO DI SPERANZA

Sinistra Ecologia per Castel Maggiore augura a tutte le cittadine e i cittadini di Castel Maggiore buone feste e un felice anno 2017.
Per noi il miglior regalo è arrivato pochi giorni fa, quando un compratore ha formalizzato una proposta di acquisto per la SELCOM, prevedendo di rilevare tutte le attività e salvaguardare l'intera occupazione.
Abbiamo seguito da vicino questa vicenda fin da subito, portandola all'attenzione delle Istituzioni locali e della cittadinanza: ora il nostro ringraziamento va alle lavoratrici e ai lavoratori, che con la loro mobilitazione hanno permesso di raggiungere questo risultato, e naturalmente ai sindacati, che anche quando non sembrava possibile si sono opposti con coerenza allo smembramento dell'azienda (sapendo che lo "spezzatino" avrebbe finito per condannarla) e che hanno favorito l'uscita di scena di una proprietà che ha portato sull'orlo del baratro un'eccellenza produttiva del nostro territorio. Siamo stati e siamo al loro fianco, e continueremo ad esserlo fino a che non si potrà definitivamente scrivere la parola fine su una crisi assurda e immotivata, perché davvero la solidarietà e la lotta pagano!

"Clikka " qui per approfondire i termini dell'accordo  

mercoledì 23 novembre 2016

I costi della politica che Renzi non vuole tagliare. C'E' CHI DICE NO

Mentre Renzi racconta la favola che la riforma costituzionale ha fra gli obiettivi quello di ridurre i costi della politica, il mondo reale purtroppo ci da un'immagine del tutto diversa. Ecco un esempio di costi che andrebbero tagliati e che Renzi non vuole assolutamente toccare, anzi...

Spese militari: 64 milioni al giorno per caccia, missili e portaerei

La corsa agli armamenti è aumentata negli ultimi anni.Sono stimati in più di 23 miliardi gli investimenti per il 2017.

Le navi ad esempio sulla carta nascono come navi a doppio uso, un ibrido destinato un po' ad aiutare la Protezione civile in caso di calamità e un po' a combattere. E così vengono presentate al Parlamento. Ma poco alla volta il progetto prende la forma di una nuova portaerei e i pattugliatori si trasformano in agguerrite fregate. Oppure sono prototipi di aereo ideati dalle aziende come iniziativa privata, senza che l'Aeronautica ne abbia manifestato l'esigenza; poi dopo qualche anno di tira e molla vengono acquistati a decine dallo Stato. Il tutto sotto gli occhi di senatori e deputati, molte volte distratti ma in alcuni casi fin troppo interessati. Tanto alla fine il conto tocca ai contribuenti. Già ma quanto paghiamo per le spese militari?

Per il prossimo anno l'esborso complessivo viene stimato in 23 miliardi e 400 milioni, ossia 64 milioni di euro al giorno: un aumento dello 0,7 per cento rispetto alla dotazione del 2016 e di quasi il 2,3 per cento in più rispetto alle previsioni. Il criterio di calcolo elaborato dall'Osservatorio Mil€x - lo stesso che viene usato dagli organismi internazionali più accreditati - ribalta i luoghi comuni sui tagli alla Difesa: i fondi reali invece sarebbero aumentati del 21 per cento nell'ultimo decennio. Così nel 2017 solo per l'acquisto di strumenti per le forze di cielo, di terra e di mare si impiegheranno 5,6 miliardi di euro, ossia 15 milioni al giorno.

Infine c'è una voce nel bilancio 2017 che letteralmente decolla: quella dei voli di Stato, con un 50 per cento in più. Serviranno infatti ben 23 milioni e mezzo per il noleggio del nuovo Airbus presidenziale voluto da Matteo Renzi. "Non è il mio aereo", ha detto pochi giorni fa il premier: "È un jet in leasing, usato, che serve a portare gli imprenditori a fare missioni all'estero". Finora se ne ricorda una sola, forse la più costosa trasvolata della storia italiana. Fonte: La Repubblica

mercoledì 9 novembre 2016

"CAMBIO DI STAGIONE"...DIRETTAMENTE A CASA VOSTRA !

Cari cittadini di Castel Maggiore, il nuovo numero del periodico "Cambio di Stagione" è in corso di diffusione e arriverà a breve nella buca della posta di ciascuno di voi...non è pubblicità, buona lettura !



Chi volesse leggerlo o scricarlo direttamente da web può accedere al link sotto indicato:

CLICCA QUI PER SCARICARE IL PERIODICO IN FORMATO PDF 

giovedì 27 ottobre 2016

REFERENDUM: LE RAGIONI DEL NO

Sui mezzi di informazione si fa un gran parlare del referendum sulla modifica alla Costituzione. Purtroppo la verità sui contenuti del referendum non è quella che ci viene raccontata.Almeno, è quello che noi pensiamo. Se siete curiosi di conoscere "un'altra verità" o volete approfondire le vostre conoscenze in merito per esprimere un voto più consapevole vi invitiamo all'iniziativa che abbiamo organizzato :

mercoledì 19 ottobre 2016

Passante di Mezzo : Legambiente ER scrive a Merola

Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa emesso ieri da Legambiente Emilia-Romagna sul tema del progetto del cosidetto Passante di Mezzo relativo al nodo bolognese tangenziale-autostrada.
Finalmente accantonato il devastante ed inutile progetto del Passante Nord purtroppo si ripropongono le medesime ( peggiorate ) metodologie di confronto ( praticamente assente ) con cittadini, associazioni, categorie economiche che ben lontane da un percorso partecipativo reale impediscono di fatto il necessario ed utile approfondimento fra diverse ipotesi di soluzione ai problemi che si intendono affrontare.

LEGAMBIENTE A MEROLA: “METTA’ LA CITTÀ ALLA GUIDA DEL PROCESSO E NON IN POSIZIONE SUBALTERNA”

Dopo un mese e mezzo di incontri, una domanda al Sindaco: le scelte tecniche proposte, l’impegno economico, i tempi contingentati del dibattito sono certamente quelli che vanno a vantaggio di Società Autostrade. Sono anche quelli utili alla città?
Il Passante di Mezzo è l’opera più rilevante che la città metropolitana potrebbe vedere nei prossimi decenni dal punto di vista economico, degli effetti urbanistico-ambientali e probabilmente per le conseguenze sulla mobilità.
Rispetto a questa rilevanza il percorso avviato per coinvolgere la città risulta assolutamente inadatto nei modi, nei tempi a disposizione e, soprattutto, nei margini veri di scelta che Società Autostrade ha imposto. Con un ruolo della politica che pare piuttosto subalterno rispetto al protagonismo del soggetto privato.
Questo a cominciare dalle risorse messe in gioco. Chiediamo infatti al Sindaco, perché dei 1300 milioni previsti per l’adeguamento del nodo di Bologna originariamente solo 600 risultano oggi a disposizione della città, con le rimanenti parti che rimarrebbero a disposizione di Società Autostrade. E’ chiaro che già questo vincolo da solo riduce drasticamente i margini di scelta rispetto ad altre soluzioni strategiche, come l’interramento o la realizzazione di ulteriori tratti coperti. Un’abdicazione grave da parte del sistema politico territoriale.
Rispetto poi al percorso partecipato, una decisione così rilevante non può essere sostenuta da un confronto ridotto a soli due mesi effettivi, in cui gran parte dei partecipanti hanno trovato ben poco della democrazia raccontata inizialmente, e in cui le articolazioni democratiche locali sono rimaste in secondo piano, delegando il racconto del futuro di Bologna alla visione della Società Autostrade. Non vorremmo che i motivi della fretta fossero legati all’entrata in vigore nel 2018 delle nuove disposizioni sugli appalti in house da parte dei concessionari autostradali, che ridurrebbero i margini della Società privata.
Sarebbe inoltre opportuno sapere se le molte domande e richieste emerse nel corso dei confronti troveranno risposte in questa fase, o si avranno solo a giochi fatti, una volta che il progetto passerà al Ministero.
Chiediamo come mai Sindaco e città Metropolitana non siano arrivati ai tavoli di confronto prima di tutto con un’idea strategica di città e della sua mobilità connettiva su cui chiedere ad Autostrade di uniformarsi.
Appare piuttosto il contrario: la città sembra dover rincorrere le proposte dell’azienda senza veri confronti tra alternative.
Questa grande opera non è stata inserita nel quadro del PUMS (il piano urbano della mobilità sostenibile ancora solo accennato) e nemmeno si è trovato sui tavoli di discussione una contestuale idea di riassetto della mobilità e i piani di investimento per le altre parti della mobilità bolognese.
Ci chiediamo inoltre perché non sia stata presa in considerazione dall’Amministrazione, come richiesto tempo fa da Legambiente, la possibilità di un apposito sovrapedaggio per i transiti nel nodo bolognese a vantaggio della mobilità sostenibile, in particolare quella su ferro anche a favore del trasporto di merci, e della riduzione dell’inquinamento (un aumento di 10 cent comporterebbe qualche milione all’anno).
Insomma, per usare una metafora, il percorso partecipato a cui la città è chiamata serve solo per decidere il “colore e gli accessori della casa”, non “com’è fatta, quante stanze ha” ecc. E, soprattutto, a gestire il percorso è chi farà l’intervento che ha già deciso quanti soldi ci sono.
Chiediamo quindi che, per giungere ad una scelta in grado di garantire veramente i massimi benefici alla città, si riveda l’accordo blindato dell’aprile scorso tra Ministero -Regione ER – Società Autostrade, al fine di mettere nelle condizioni di valutare appieno tutte le ipotesi progettuali, con risorse economiche adeguate per attuarle, e tempi sufficienti ad una partecipazione democratica e consapevole.

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